Il mio nome è Marcello, ho cinquantasei anni e sono felicemente single da sempre.
Amo la mia libertà e non cambierei la mia condizione per nessuna ragione al mondo. Mi piace vivere all’avventura, senza legami sentimentali, con il privilegio di decidere autonomamente qualsiasi cosa, dal decidere come trascorrere una giornata libera, a dove e cosa mangiare, al luogo delle vacanze e, ovviamente, andare a letto con chi mi pare.
Oggi sono quello che si dice un bell’uomo, alto e dal fisico asciutto. Mi presento sempre con un’aria decisamente elegante, so essere divertente e amo stare in compagnia.
Così non era durante la mia adolescenza, quando mi sentivo spesso fuori posto, non avevo molti amici e nessuna esperienza sentimentale. Questo fino a quando ho compiuto diciotto anni, un giorno indimenticabile dove ho vissuto un’esperienza che avrebbe cambiato la mia vita per sempre.
L’arrivo della vicina di casa
Intorno ai sedici anni ero un ragazzo abbastanza carino, ben educato e volenteroso a scuola ma con i miei coetanei ero un disastro. Per non parlare poi dei rapporti inesistenti con le ragazze che si avvicinavano a me soltanto per chiedermi di passare loro il compito in classe, vista la mia preparazione ampia in ogni disciplina scolastica.
Pur vivendo giornate non propriamente uguali a quelle dei miei compagni, anche io avevo gli stessi desideri e bisogni dei coetanei, come quelli derivati dalla crescita con gli ormoni sempre in subbuglio. Inutile dire che non avevo nessun tipo di contatto con il sesso femminile, senza conoscere l’ebbrezza dei primi baci o le carezze proibite lungo corpi acerbi ma vogliosi di sesso.
Le cose iniziarono a prendere una piega diversa l’estate che precedette il compimento dei miei diciotto anni, quando accanto a casa mia venne a vivere una coppia di sposi che si erano trasferiti a causa del lavoro di lui.
Abitavamo nella prima periferia cittadina, in un luogo dove ogni singola casetta aveva intorno un bel giardino curatissimo, separato l’uno dall’altro da siepi e alberi, in modo da garantire privacy e riservatezza.
Lui era impiegato in un ufficio contabile, mentre lei si dedicava alla cura della casa, dell’orto e, nei ritagli di tempo, faceva l’estetista a domicilio. Le mie sorelle si incuriosirono subito di questa nuova vicina, esperta in bellezza, per cui non esitarono nel bussare alla sua porta per chiedere un appuntamento.
Manuela, questo il suo nome, si presentò a casa mia nel primo mattino di un sabato di fine giugno, bella e attraente come una matrona romana.
Non potrò mai dimenticare il suo ingresso nella sala della mia abitazione: ogni volta che ci ripenso mi sento mancare il fiato.
Si presentò con un vestitino bianco, leggero e trasparente, l’immaginazione non doveva lavorare troppo.
Ogni sua forma era messa in risalto e bene in vista. I fianchi prosperosi e i seni sodi, i capezzoli dritti la facevano apparire ancora più desiderabile di quello che era.
Era una femmina nel vero senso della parola: non solo bella ma sensuale a livelli altissimi.
Inutile dire che i miei ormoni da quel giorno iniziarono a impazzire, facendomi diventare folle di amore per quella dea dell’eros. Sì, per me era una vera divinità.
Cominciò una ricerca minuziosa per individuarla, quando entrava o usciva dalla sua casa, cercando di cogliere uno sguardo o di percepire il suo odore di femmina. La osservavo in ogni suo movimento quando era nell’orto o mentre curava il giardino fiorito, immaginandola dentro le mura della sua casa, nel momento in cui si levava i vestiti e si cambiava, oppure quando entrava nella vasca da bagno per immergere la sua pelle nell’acqua e rinfrescarsi.
Era diventata la protagonista dei miei sogni erotici e fantasie sessuali: la immaginavo nuda e sdraiata nel mio letto, pronta ad accogliermi nel suo corpo. Immaginavo di saper esattamente cosa fare, anche se non era propriamente vero..
Era anche l’unica “attrice protagonista” delle lunghe masturbazioni che accompagnavano ogni mia notte insonne, preso dal desiderio di possederla.
Una grande scopata all’aria aperta
Fu così che trascorse l’estate e mesi ancora dopo la spiavo, lei era sempre più provocante e sensuale.
Non so di preciso quando lei si accorse di me ma ad un certo punto iniziò a sorridermi in maniera molto diversa rispetto ai primi tempi, rivolgendo verso me occhiate molto ammiccanti.
Una sera, subito dopo il tramonto, innaffiava il rododendro che copriva la sua veranda.
Fino a che, inaspettatamente, si spogliò proprio lì, lasciandomi senza fiato e con la mano che si avvicinò repentinamente al “pacco” in un gesto istintivo.
Sono convinto che lei sapesse di essere osservata da me, inscenò quel sensuale spogliarello ed io ero l’unico che poteva assistervi, non c’era nessuno, erano tutti via.
Mi eccitai così tanto che temetti per un istante che si rompesse la cerniera dei miei pantaloni, tanto il mio cazzo si indurì.
La desideravo tantissimo, volevo fare sesso con lei, ero pronto a diventare uomo con il suo corpo, perdendomi tra i suoi seni e respirando il suo odore.
Forse lei era una fata, in grado di leggere nei miei pensieri, o forse anche lei era animata dalla mia medesima voglia.
Non mi importava nulla. La volevo e basta.
Fu allora che decisi di agire come mai avevo fatto e di compiere quell’azione che avrei dovuto far partire da tanto tempo.
Senza indugiare mi diressi verso il suo giardino, scavalcai la siepe di alloro e iniziai a correre verso la sua veranda.
Lei mi aspettava, più eccitata di me.
Con il senno di poi compresi il significato di quella cascata bagnata che iniziò a inondarmi appena avvicinai il mio corpo al suo. I suoi occhi mi invitavano spudoratamente ad abbracciarla, per cui non mi feci pregare assolutamente.
L’abbracciai molto forte e lei mi baciò, incollando le sue labbra alle mie e aprendole violentemente per infilarmi la sua lingua dentro la mia bocca.
Iniziai a perdere il controllo, mettendole le mani ovunque, baciandole il collo e l’incavo del seno, mentre lei, con mani esperte, iniziò a slacciarmi i pantaloni, abbassandosi pericolosamente verso le mie parti intime.
Mi leccò tutto, sempre più veloce, con una lingua intrigante e vogliosa allo stesso tempo. Lo sentivo duro come mai era stato, pronto a esplodere da un momento all’altro.
Manuela mi invitò a succhiarle i capezzoli e baciarle i seni, mentre continuava a spogliarmi. Finimmo sopra il tavolo della veranda, quello dove in genere cenava con suo marito la sera, il cornuto.
Incuranti di tutto ci siamo dedicati al nostro piacere.
Mentre si divertiva di gusto, mi insegnava a vivere
Con esperienza, aiutò il mio cazzo a entrarle dentro, in maniera naturale e disinvolta, mentre mi invitava ad accelerare e a spingere con forza.
Non durai tantissimo, ma mi interessava il giusto.
Senza esitazioni, scopai dritto dritto fino a soddisfare il desiderio di sborrare tutto quello che avevo dentro.
Esattamente in quel momento, con la coda dell’occhio, notai un movimento dietro la porta semichiusa di accesso alla veranda.
Consapevole di essere stato scoperto, dalla camera da letto uscì il marito di Manuela, con il cazzo in mano intento a segarsi.
Io ero un misto di imbarazzo, stupore e delusione, perché mi dispiaceva aver perso la concentrazione in un momento così storico.
Il desiderio di godere prevalse, per cui continuai verso il mio amplesso, venendo con un urlo liberatorio e gutturale, simile a un pirata davanti al suo bottino di guerra.
Quell’orgasmo non aveva nulla a che vedere con i miei giochi solitari, con le masturbazioni nella camera dell’adolescenza.
Aveva più il sapore deciso di una pietanza ben cotta e preparata con passione.
Provare una certa eccitazione al pensiero che il marito fosse lì a guardare, lo vedevo lì e mi sembrava volerne ancora, non era arrivato.
Per cui lasciai da parte qualsiasi inibizione e col cazzo ancora dritto, nonostante avessi da poco finito, invitai Manuela a girarsi e mettersi a pecora sopra il tavolo.
Lei non si fece pregare, mi porse il culo e iniziai a fotterla vigorosamente. Mi pregò di non fermarmi perché stava godendo da impazzire. Non mi fermai ovviamente e continuai per un tempo indefinito, sentendo una cascata sempre più copiosa che colava dalle sue cosce e che mi faceva eccitare sempre più. Venni nuovamente, sentendo l’orgasmo di Manuela e contemporaneamente i gemiti forti di suo marito che, noncurante della mia presenza, si avvicinò a lei, sborrandole in bocca. Come una cagna affamata leccò ogni traccia di sperma, aumentando il desiderio che avevo di lei.
Fu la mia prima volta. Fu il giorno in cui diventai uomo, la mia prima esperienza sessuale e, nello stesso tempo, il mio primo cuckold. Fu anche la mia iniziazione verso i piaceri della vita, verso il mondo del godimento e della ricerca di orgasmi.
Qualche giorno dopo vidi arrivare un grosso camion davanti la casa di Manuela. Nel giro di qualche ora alcuni operai lo riempirono con scatoloni e mobili. Manuela stava andando via e quel sesso annunciato era il suo regalo di addio.
Non la vidi più, ma nel cuore ho sempre conservato il ricordo della mia prima volta, degli orgasmi urlati al mondo intero e di quel cuckold del marito col cazzo in mano a guardarci.